mercoledì 20 luglio 2011

PRODOTTI CHIMICI NEGLI ALIMENTI

.. oggi ci rendiamo conto che il cibo non è più così naturale. Le persone di oltre 50 anni ricordano ancora i gusti e i sapori genuini di una volta. I più giovani meno. Tutti insieme facciamo spallucce, tiriamo un sospiro e pensiamo “cosa ci possiamo fare?”.
Possiamo fare molto più di quanto crediamo. Come prima cosa dobbiamo sapere quali additivi vengono impiegati nel cibo e poi dobbiamo comprendere anche a cosa servono. 
Per diverse ragioni una serie di prodotti chimici di sintesi finiscono nei nostri piatti in modo:
●●Dichiarato (basta leggere le etichette).
●●Occulto (nascosto, non dichiarato).
●●Indiretto (inquinamento ambientale).
La legge consente un uso moderato di additivi a patto che non minaccino di ledere la salute dei consumatori, stabilendo i limiti massimi di utilizzo per ciascuna di queste sostanze in base alle conoscenze scientifiche acquisite. E proprio qui sta il punto: quali sono questi limiti? Al consumatore non è dato saperlo a meno che egli non vada a leggersi le direttive comunitarie o ministeriali, spesso comprensibili solo agli addetti ai lavori. E perché in etichetta non vengono date le informazioni complete? Molti additivi sono stati testati sugli animali, altri sono di derivazione OGM, moltissimi possono dare reazioni allergiche anche a piccole dosi in soggetti particolarmente sensibili. C’è da chiedersi anche quali siano stati i criteri scientifici utilizzati per dichiarare un additivo inoffensivo (entro certe dosi). Esistono poi sostanze che finiscono nei cibi per frode commerciale o sanitaria, un fenomeno fuori controllo nonostante l’impegno dei NASdei Carabinieri e di altre agenzie preposte. Quando poi è la malavita organizzata a prendere in mano un settore alimentare c’è da stare poco allegri. Penso al caso del pane cotto in forni abusivi e in pessime condizioni igieniche gestiti dalla camorra, in cui si utilizza legname ricavato dalle bare dissotterrate nei cimiteri oppure quello di risulta di porte e infissi verniciati contenenti sostanze altamente tossiche. Penso anche al vino ai fertilizzanti, al latte alla melanina e a tutti questi pessimi esempi di cosa possa produrre la mancanza di etica e il degrado sociale. A differenza di un tempo, oggi davvero non sappiamo cosa mangiamo ed è per questo che adottare un sistema nutrizionale che tenga conto del principio della naturalità è fondamentale. Ma procediamo con ordine e intanto cominciamo a vedere quali sono gli additivi dichiarati presenti nei cibi. 425 

Prodotti chimici dichiarati
In alcuni casi sono adoperate come additivi delle sostanze naturali, ma il più delle volte si tratta di molecole chimiche sintetizzate in laboratorio che ricalcano quelle presenti in natura. Altre volte, invece sono sostanze chimiche di pura sintesi, cioè non presenti in natura e inventate dall’uomo e altre volte ancora sono addirittura OGM.
Ma vediamo le loro funzioni più nel dettaglio: 
1. Acidificanti, correttori di acidità. Vengono utilizzati per controllare l’acidità o l’alcalinità di un prodotto alimentare (pH) o per dare al cibo un sapore acidulo o aspro. 
2. Addensanti. Aumentano la viscosità, danno consistenza cremosa per migliorare la spalmabilità e aiutano a tenere insieme. Sono per esempio usati nelle creme di nocciola e cioccolata, nei budini, gelati, maionese, salse, sughi… 
3. Agenti lievitanti. Liberano gas aumentando il volume di un impasto (nel caso di pane, dolci, pizza…).
4. Agenti di carica. Danno corpo e volume senza aumentare o diminuire il valore energetico degli alimenti. 
5. Agenti di rivestimento. Si applicano alla superficie esterna di un prodotto conferendo un aspetto brillante (caramelle, compresse). Altro classico esempio è la cera utilizzata per lucidare le mele. 
6. Amidi modificati. Gli amidi alimentari vengono modificati con uno o più trattamenti chimici, fisici o enzimatici, per esempio possono essere sbiancati. 
7. Antiagglomeranti. Impediscono che le molecole della sostanza da conservare tendano ad aderire una all’altra ed evitano quindi la formazione di grumi. 
8. Antifermentativi. Si tratta di conservanti che bloccano chimicamente i processi di fermentazione. 
9. Antimuffa. Questi conservanti combattono la formazione delle muffe.
10. Antiossidanti. Sono conservanti che bloccano l’ossidazione che causa irrancidimento dei grassi oppure variazioni di colore. Un esempio di ossidazione l’abbiamo con il tipico inscurimento dei carciofi o delle mele quando, una volta tagliati, vengono a contatto con l’aria.
11. Antiputrefattivi. Sono conservanti chimici che inibiscono i processi di putrefazione.
12. Antischiumogeni. Impediscono o riducono la formazione di schiuma dovuta a tensioattivi naturali presenti negli alimenti (legumi cotti, verdure cotte…).
13. Aromatizzanti. Servono per conferire uno specifico aroma o gusto al cibo. Gli aromi naturali sono quelli che riproducono un odore o un gusto presenti in natura, a partire da materie prime naturali anche se poi possono essere estratti con mezzi chimici. Gli aromi (generico) si riferiscono a sostanze chimiche definite con pro¬prietà aromatizzanti (quindi sono sempre sintetici, derivati dal petrolio).
14. Coloranti. Servono solo a migliorare l’aspetto esteriore e quindi la commerciabilità del prodotto, non servono per modificare il gusto e per conservare meglio il cibo. Di per sé costituiscono un inganno per i sensi. Se un succo d’arancia avesse un colore giallino spento, non sarebbe allettante così il colorante è capace di conferirgli l’aspetto che serve per renderlo più acquistabile. I coloranti sono solo estetica a fini commerciali.
15. Conservanti. Si tratta di molecole chimiche che permettono al cibo di rallentare i processi di deterioramento causati dalla presenza di microrganismi (batteri, muffe, lieviti…).
16. Edulcoranti. Servono per sostituire il saccarosio. Conferiscono agli alimenti un sapore dolce. Si tratta generalmente di zuccheri chimici di sintesi come la saccarina, l’aspartame (E951), l’acesulfame (E950). Sono utilizzati nei prodotti dietetici perché a parità di potere dolcificante hanno molte meno calorie, ma sono indiziate di costituire un pericolo per la salute. D’altra parte non sono affatto naturali.
17. Emulsionanti. Abbassano la tensione superficiale dei grassi che grazie a questi additivi risultano più morbidi e possono quindi separarsi in particelle più piccole. Agitare una chiazza d’olio in acqua ricavandone tante goccioline d’olio più piccole è un classico esempio di emulsione meccanica. Quando però troviamo la parola emulsionante in etichetta significa che nel cibo è presente una sostanza che fa lo 
stesso lavoro chimicamente rendendo così possibile la formazione e il mantenimento nel tempo di una miscela fra componenti che per natura non starebbero bene insieme (acqua e olio, per esempio).
18. Enzimi. Gli enzimi possono essere utilizzati come additivi per intenerire le carni, per estrarre gli aromi, ma non vi è obbligo di indicarli in etichetta.
19. Esaltatori di sapidità. Dovrebbero servire per esaltare il sapore e/o la fragranza di un alimento, in realtà servono per mascherare il saporaccio che altrimenti si sentirebbe in alcuni cibi conservati, come per esempio il sapore di metallo nei cibi in scatola. Il glutammato monosodico è il più utilizzato nonostante sia stato sospettato di cancerogenicità.
20. Gas propulsori o propellenti. Sono gas diversi dall’aria utilizzati per espellere un prodotto alimentare da un contenitore (panna montata spray).
21. Gelificanti. Danno consistenza a un prodotto alimentare tramite la formazione di un gel (carne in scatola in gelatina).
22. Sali di fusione (polifosfati). Servono a fondere chimicamente e miscelare insieme le proteine contenute in formaggi diversi realizzando una distribuzione omogenea dei grassi e degli altri componenti. Hanno proprietà addensanti ed emulsionanti.
23. Stabilizzanti. Si aggiungono generalmente per rinforzare l’azione di altri additivi per rendere possibile il mantenimento dello stato fisico-chimico di un prodotto alimentare, inclusa la sua colorazione.
24. Umidificanti. Impediscono l’essiccazione degli alimenti, trattenendo l’acqua e l’umidità.



Prodotti chimici presenti in modo occulto
1. Residui di inquinanti dei processi di lavorazione (solventi, reagenti).
2. Residui di farmaci per cure veterinarie (antibiotici, antinfiammatori, psicofarmaci).
3. Residui di anticrittogamici dell’agricoltura (per proteggere le piante dall’attacco di insetti).
4. Residui di antiparassitari e pesticidi in genere (per contrastare l’azione di microrganismi patogeni per le piante).
5. Residui di diserbanti (per eliminare chimicamente le “erbacce” che poi in genere sono piante medicinali).
6. Residui da materiale da imballaggio (plastica, colle, carta, pvc, gas di imballaggio diversi dall’aria).
7. Prodotti chimici usati illegalmente (ormoni, anabolizzanti sintetici, farmaci e fertilizzanti vietati).
8. Prodotti chimici usati legalmente ma senza obbligo di dichiarazione in etichetta (gas d’imballaggio).
I residui di vari prodotti chimici sono quelli che non dovrebbero esserci (e di solito non ci sono) nei prodotti biologici (a parte quelli da imballaggio). Questi residui sono invece presenti con certezza nei prodotti convenzionali. Nelle urine dei bambini sono state trovate tracce di residui chimici dell’agricoltura, che sono scomparsi dopo una settimana di alimentazione con prodotti biologici. E poi c’è il resto che segue.

Prodotti chimici che si aggiungono in modo indiretto
Attraverso il terreno, l’acqua e l’aria entrano nel ciclo produttivo residui da:
1. Pulviscolo atmosferico (piogge acide, radioattive…).
2. Scarichi industriali (settore tessile, pellame, chimico, siderurgico, materiali plastici).
3. Scarichi di aziende zootecniche (deiezioni animali, concimi chimici, diserbanti, pesticidi, che entrano nel terreno e raggiungono le falde acquifere che forniscono acqua per l’irrigazione dei campi).
4. Autoveicoli (autotrasporto su gomma, trasporto aereo).
5. Impianti per il riscaldamento (abitazioni civili e impianti industriali).
6. Prodotti chimici che residuano per anni nel terreno (diossine, policlorobifenili, DDT).
Si calcola che più di 5.000 sono i prodotti chimici usati negli alimenti e 330 i pesticidi usati in agricoltura (Fonte: OMS). Si aggiungano le scorie radioattive diffuse in atmosfera per incidenti nucleari (centrali elettriche) e soprattutto per esperimenti militari. Ma in fondo tutte queste cose si sanno da tempo. Adesso però, vediamo di saperne un pochino di più e di farci sopra un ragionamento nuovo, che se da un lato non vi piacerà, dall’altro vi permetterà di essere più consapevoli.
Suddividere gli additivi alimentari in pericolosi, sospetti e inoffensivi è “arbitrario”, perché per la legge sono tutti “additivi inoffensivi” (entro certi limiti). Ma dietro queste sigle ci sono molecole naturali o sostanze chimiche di sintesi, alcune delle quali veramente pericolose. Abbiamo già parlato dei nitriti (E249, E250) e dei nitrati (E251, E252) nei salumi e formaggi e dell’anidride solforosa SO2 (E220) nel vino. Ma ci sono molti altri additivi comunemente usati di cui è stata accertata la cancerogenicità o la tossicità, ma che “inspiegabilmente” continuano ad essere adoperati nell’industria alimentare, secondo il principio che “se ne mettiamo poco non fa male”. Torna ancora fuori il discorso dei limiti, vedete? È il caso dell’antiossidante butilidrossianisolo, noto anche con le sigle BHA o E320, cancerogeno, e di suo cugino il butilidrossitoluene (BHT o E321) che pare non sia cancerogeno ma “solo” tossico per il fegato e i polmoni. Li trovate spesso in coppia ovunque ci siano grassi da conservare (margarine, carni in scatola…). Il dolcificante ciclamato E952, in USA è vietato per sospetta cancerogenicità, in Europa è consentito (entro certi limiti!). Il dolcificate saccarina E954, acesulfame E950 e aspartame E951 sono tutti ritenuti pericolosi o sospetti di causare effetti tossici alle cellule e promuovere la trasformazione neoplastica dei tessuti (tumori).
Tratto da Mangiare sano e naturale, Macro Edizioni 2011.