mercoledì 18 settembre 2013

DITTATURA FINANZIARIA, ITALIA COME GRECIA



Dal 25 febbraio, data delle elezioni italiane, il mercato azionario ha registrato +8% in Italia, in linea con quello europeo. Dal primo agosto, dopo la sentenza di condanna per Berlusconi, si è avuto un +5% per il mercato italiano contro +3% per quello europeo e, sul fronte spread, non si sono visti particolari scossoni. Come è possibile? Eppure era ovvio che i mesi estivi ci avrebbero portato sull’orlo della crisi di governo. E’ difficile pensare che il mercato si aspetti le tanto attese riforme da un governo logorato dalla gazzarra politica degli ultimi mesi. Con o senza Berlusconi la precarietà del governo Letta è evidente. Nonostante le minacce e i rischi di punizione da parte dei mercati e lo spauracchio spread sventolati da Letta e Napolitano ad ogni possibile crisi governo gli investitori non hanno dato peso alle vicende italiane. Perché?

Gli investitori non sono stupidi e sanno benissimo cosa succederà sul fronte delle riforme in Italia: nulla! La verità è che i mercati sono andati oltre e hanno visto nella debolezza politica italiana una rassicurazione. L’inevitabile commissariamento dell’Italia da parte dell’Europa. Entro fine anno infatti diventerà esplicita la crisi economica che ci obbligherà a chiedere il sostegno al fondo salva Stati (ESM) e allo scudo anti spread (OMT). E’ questo che tiene tranquilli i mercati: "bad news is good news" per loro. Un’Italia con le manette, sotto tutela europea è la loro principale garanzia che l’Italia nel breve non fallirà e che Bruxelles e Francoforte isseranno la bandiera dell’austerità, quella vera e dolorosa, imponendo, in cambio degli aiuti europei, riforme capestro. Questo renderà l’Italia uguale a Grecia e Portogallo.

L’Italia è nei fatti già commissariata dall’Europa:
- Sono il Fondo Monetario (FMI) e la BCE a dirci quanta pulizia dobbiamo fare nei bilanci delle nostre banche, non l’ABI o la Banca d’Italia.
- E’ Almunia, vice presidente della Commissione Europea, che ha detto a Cernobbio come ricapitalizzare il MPS senza che Saccomanni o Profumo abbiano battuto ciglio. L’Europa non ci consente di nazionalizzare MPS per via dell’impatto sui conti pubblici nonostante negli ultimi anni tutti i Paesi europei hanno liberamente deciso come e quando salvare le loro banche per non gravare sui conti pubblici (RBS, Dexia, Commerzbank, Bankia, Raiffeisen, KBC solo per citarne alcune). All’Italia, priva di spina dorsale politica, non è concesso.
- E’ la Commissione Europea a decidere le misure economiche della manovra finanziaria. Per questo il commissario europeo finlandese Olli Rehn ha dato un'audizione in Parlamento per dettare le condizioni dell’Europa.

- Sono i vincoli esterni del Fiscal Compact a guidare la politica economica in Italia con interventi recessivi nell’interesse dei creditori tedeschi, e non degli italiani. Il mantra del 3% di deficit, madre di tutte le misure economiche per Letta e Saccomanni, vale solo per l’Italia. La Spagna quest’anno avrà infatti un deficit del 7% e la Francia del 4.5%.
Bisogna prendere atto che siamo già calpesti e derisi, già governati dall’Europa, già sudditi. Monti e Letta si sono affrettati ad inchinarsi a sua altezza Merkel appena eletti, ma non hanno avuto il coraggio e l’onestà di rendere esplicito questo commissariamento agli italiani. Abbiamo ceduto la nostra sovranità all’Europa senza nulla in cambio, anzi, abbiamo finanziato con 50 miliardi di euro (di maggiore debito pubblico) sostegni europei agli altri Paesi della periferia anziché destinarli ai crediti delle PMI nei confronti della pubblica amministrazione.

L'ossessione di Napolitano e Letta per la stabilità altro non è che una parvenza di governo con quattro burattini a Roma manipolati da Bruxelles. Letta è perfetto per questo ruolo. Punta alla foto di gruppo al G7 in Italia nel 2014 da appendere in camera accanto a quella di Andreotti e Napolitano.
L’Italia è in coma. E’ l’esplosione del debito privato, in prevalenza delle nostre banche verso la BCE, originatosi nel regime a cambi fissi dell’Euro, a rendere insostenibile il nostro debito pubblico. Bisogna guardare alla bilancia commerciale oltre che al debito pubblico. Solo se si riconosce che l’ingresso nell’Euro ha tarpato le ali alla già scarsa competitività italiana si potrà iniziare un vero dibattito. L'euro ha agito da acceleratore della crisi. Va messo in discussione il tema della sovranità monetaria per riformare il Paese. Pretendere di farlo in questo Euro, a queste condizioni di austerità, in tempi brevi e con questa classe dirigente è pura utopia. 

C'è stata una guerra, la guerra dell’Euro e come dopo ogni guerra persa ci sono i debiti di guerra da regolare. La guerra l’ha vinta la Germania che ora reclama i suoi 700 miliardi di euro di crediti concessi alla periferia dell'Europa, di cui 200 miliardi dall'Italia. Vanno avanzate proposte su come gestire e regolare i debiti di guerra per evitare il nostro fallimento.
Sono passati tre anni di recessione, disoccupazione e crollo dei consumi e la situazione è peggiorata. L'Euro ha scaricato su lavoratori e pensionati aggiustamenti di competitività con gli altri Paesi dell'area Euro ottenibili solo con austerità e disoccupazione. I media in difesa dell’establishment ignorano completamente un legittimo dibattito sull’Euro. Colpevoli e complici. Il M5S è l'unico in Parlamento a parlare di sovranità monetaria e di signoraggio. I cittadini si stanno informando. Più Europa e meno banche. E' necessario un nuovo concetto di Europa, solidale e veramente comunitaria. Il ruolo dell'Italia in Europa è fondamentale, ma dobbiamo ridiscutere le condizioni in cui partecipiamo, a partire dall'emissione di eurobond che tutelino le economie più deboli, di una rinegoziazione del debito pubblico e della cancellazione del Fiscal Compact, un nodo scorsoio che impiccherà il nostro Paese.

Beppe Grillo Blog


DA OGGI INIZIA IL COMMISSARIAMENTO EUROPEO DELL’ITALIA, I NOSTRI CONTI FANNO ACQUA DA TUTTE LE PARTI. E NON SI TRATTA DI UN RUSCELLO


DI SERGIO DI CORI MODIGLIANI
Libero pensiero



Da oggi l'Italia è "ufficialmente" commissariata dall'Europa. Tranquilli, non ve lo dirà nessuno. Ci potete scommettere a colpo sicuro che questa sera, a Ballarò, 
neppure ne parleranno. Nessuna notizia neppure nei telegiornali e sulla stampa. Nada de nada. Quindi, è come se l'evento non si fosse mai verificato. Però è accaduto. Anzi, sta accadendo mentre scrivo. Altro che decadenza di Berlusconi! Quella è una furbata squallida per distogliere l'attenzione. Pensavate che l'Europa si sarebbe bevuta la manfrina del Mago Attel & clownerie di cialtroni appresso senza andare a controllare che cosa stessero combinando (per davvero) i nostri super marpioni?

Hanno controllato i nostri conti al millesimo, hanno controllato la situazione del paese per ciò che essa è sul serio, hanno controllato che tutto corrisponda alla loro idea e interpretazione della nostra traballante baracca, e alla fine Mario Draghi ha detto sì, come l'uomo Del Monte in una celeberrima pubblicità di una ventina d'anni fa. E ha inviato il suo mastino preferito a darci gli ordini di scuderia. Questo signore la cui immagine vedete riprodotta in bacheca è il nostro vero capo.

E' un uomo molto intelligente, un prodotto robotico ben congegnatocostruito ad hoc in un think tank dei repubblicani statunitensi in quel di Minnesota, a metà degli anni'90. Non viene dalla carriera economica, nè da quella partitica. Faceva il calciatore ed era anche bravo. Il suo ruolo: ala destra nella squadra del suo paesetto che militava in serie A, e faceva anche dei gran bei goal. Poi, un giorno, è stato scoperto (????) dai talent scout psicotronici, curiosi individui che vanno in giro per il mondo a caccia di non so che. Proprio come ci raccontava nei suoi splendidi romanzi di fantascienza l'imbattibile Philip Dick, colui che ci ha spiegato nei suoi libri come avrebbe operato il funzionamento della mente dei gestori del potere oligarchico, nel futuro futuribile dell'umanità. Pressappoco, oggi.


E così, dai campetti di calcio si trasferisce, grazie a una borsa di studio per "meriti sportivi", nel cuore dell'America reazionaria, finanziato da una grande multinazionale di sistemi informatici ad alta tecnologia, la 3M a St.Paul. Lì ottiene lauree a gogo, premi, riconoscimenti surreali. Poi, lo rispediscono in Europa.

Ha una moglie che ama e un figlio di otto anni.

E' ariete con ascendente ariete.

Si chiama Olli Rehn.

E' di nazionalità finlandese.

E' il commissario per gli affari economici e finanziari dei paesi dell'euro.

In Grecia lo conoscono bene.

Fu sua l'idea di presentare un progetto di una cinquantina di pagine che avrebbe dovuto impegnare la Repubblica di Grecia a fornire come garanzie collaterali del proprio debito pubblico -per impedire che si dichiarassero insolvibili- il Partenone. Il gruppo tedesco Allianz, il più importante assicuratore d'Europa, ne avrebbe curato la polizza gestendo la biglietteria e il marketing territoriale, i cui profitti sarebbero andati a un fondo gestito dalla BCE che ci avrebbe costruito sopra anche dei "special bonds", una chicca diabolica, una specie di costruzione finanziaria sui derivati di tutte le unicità eccellenti d'Europa nel campo dell'arte, dalla Tour Eiffel al Colosseo. Quando il suo progetto arrivò sul tavolo della Merkel, la simpatica Angela lo convocò immediatamente nel suo studio privato e gli disse "lei è diventato matto o che?" (i tedeschi ci hanno tenuto che si sapesse in giro per il continente). Saggia, prudente e lungimirante, la premier dei crucchi si era già immaginata come si sarebbero potute mettere le cose il giorno in cui le avessero annunciato che la spettacolosa biblioteca di sociologia dell'Università di Francoforte era finita a Santa Monica, California, nella sede della Rank Corporation, pignorata per pagare i debiti della Deutsche Bank. La nostra Angela spiegò a Olli Rehn che non avrebbe mai consentito tale dispositivo.

Meno male che ogni tanto c'è qualcuno che ragiona.

Il nostro calciatore, allora, dribblò la Merkel e consegnò il pacchetto al primo ministro del suo paese, il quale, entusiasta, lo fece proprio proponendolo ufficialmente in pubblico nel settembre 2011. Francois Hollande ancora lo ringrazia. Quella proposta divenne subito il primo cavallo di battaglia della sua vincente campagna presidenziale contro "questo tipo d'Europa". Per fortuna, il piano è svanito nel nulla. Olli Rehn è fatto così.

Questa mattina, come d'accordo, è arrivato a Roma dove è stato ospitato "ufficialmente" in Parlamento per incontrare il governo. Nella sua folle determinazione aveva chiesto addirittura di parlare alle camere riunite, così tanto per gradire, convinto che tutti avrebbero apprezzato l'idea di toccare con mano la totale inesistenza del nostro Stato, delle nostre istituzioni, di una leadership autorevole. Gli è stato spiegato che in Italia funziona in altro modo: tutto avviene sempre segretamente, sottobanco, in camera caritatis, tra pochi intimi. Forse ha chiesto ragguagli a Draghi che glie lo ha puntualmente confermato. E così, come un ladro di polli, è arrivato alla chetichella.

Il Mago Attel, però (non si sa mai) ha tentato la disperata carta italiana, quella classica, della serie "mettiamo le mani avanti non si sa mai". E così, ieri al pomeriggio, ha ruotato di 180° (dopotutto è un grande illusionista) è apparso a Porta a Porta da Bruno Vespa, cominciando a dire che "le cose non vanno poi tanto bene quanto si creda", che "il paese è in bilico", la situazione economica "non è allegra nè tantomeno risolta" che la situazione finanziaria delle banche "prevede un immediato intervento per scongiurare guai ancora peggiori" ripetendo per ben tre volte che nè lui nè l'Innominabile possono "fungere da parafulmine". Tradotto, ciò che ha spiegato a chi sapeva leggere tra le righe (e aveva le informazioni) significa: domani arriva da noi il capo della Trojka e io non so che pesci prendere, quindi, o si danno tutti una calmata oppure ce ne andiamo a casa, perchè saranno loro a licenziarci tutti.

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