venerdì 21 aprile 2017

IL BUSINESS DELLE ONG

I coniugi Catrambrone gestiscono una Onlus basata a Malta: in tre anni ci hanno portato 33.000 stranieri. Adesso indagano i pm.

di MAURIZIO BELPIETRO per “La Verità” 21 aprile 2017

La bella coppia che vedete nella foto qui di fianco è responsabile di gran parte degli sbarchi di profughi sulle nostre coste. Sono loro, i coniugi Regina e Christopher Catrambone, imprenditori italoamericani trapiantati a Malta, a dirigere e finanziare le operazioni di «salvataggio» dei migranti a poche miglia dalla Libia. Sempre loro che, con navi, droni e da poco un aereo, pattugliano le acque del Mediterraneo alla ricerca di extracomunitari da portare in Italia. Nella sola giornata del sabato di Pasqua si vantano di avercene consegnati poco meno di 2.000, ma da quando operano nella zona, cioè dal 2014, il loro palóttoliere indica con orgoglio più di 33.000 persone. Certo, forse non tutte sono state sbarcate nei porti della Penisola, perché qualcuna è finita anche in Grecia, ma diciamo che il grosso dei «soccorsi» ci è stato donato da loro.


La loro fondazione, quella che sta dietro a tutti i salvataggi, ha sede a La Valletta, isola di Malta, dove Regina e Christopher hanno messo le radici delle lucrose attività nel ramo assicurativo e della copertura di chi opera in zone di guerra o a rischio terrorismo. È da lì. che partono le missioni nel Mediterraneo. Vi chiedete perché, se la nave della coppia esce dai porti della piccola repubblica mediterranea, non vi faccia poi ritorno dopo la pesca, cioè con il suo carico di migranti? Bella domanda.

Forse perché la polizia maltese ha già dato prova di non gradire il traffico di profughi su una nave che batte bandiera del Belize e ha già respinto le imbarcazioni cariche di stranieri che si avvicinano alle coste dell’isola? La risposta non c’è, ma è molto probabile che sia così. Mentre Malta respinge, noi accogliamo e i coniugi Catrambone dunque fanno la spola tra le acque di fronte alla Libia e i porti della Sicilia. Negli ultimi tempi, quello in atto sembra un regolare servizio di traghetto a diposizione di chi voglia emigrare.



Naturalmente, i due italoamericani non lo fanno per soldi, ma per filantropia. Fatta una vacanza a Lampedusa e avvistata sulla rotta verso Tunisi una giacca a mare, forse appartenuta a qualche profugo, i signori Regina e Christopher, decisero che invece di comprarsi una casa avrebbero acquistato una nave che facesse avanti e indietro da una sponda del Mediterraneo all’altra. Detto fatto, con una Onlus, cioè una fondazione che raccoglie finanziamenti senza dichiarare bene da dove arrivino, si sono fatti la navetta tra Libia e Italia. Risultato, in appena tre anni, 33.000 passeggeri. Bel traguardo e ovviamente gli italiani ringraziano, perché finalmente c’è qualcuno che porta un po’ di extracomunitari a domicilio.

Non ci bastava la nostra Guardia costiera, comandata in servizio permanente non a pattugliare le nostre acque, ma a svolgere un servizio di trasporto di cui approfittano gli scafisti e i trafficanti di vite umane. No, ci volevano anche gli imprenditori privati, i quali da un lato vendono assicurazioni e dall’altro si assicurano un posto in paradiso soccorrendo i profughi.


Adesso l’andirivieni di imbarcazioni e l’aumento del flusso di migranti consegnatici direttamente a domicilio cominciano a insospettire le forze politiche e perfino gli inquirenti, che si interrogano sul ruolo di queste cosiddette organizzazioni non governative.

Davanti agli esponenti della commissione parlamentare sono sfilati i procuratori che si occupano del fenomeno e anche alcuni dirigenti delle organizzazioni umanitarie. E dalle testimonianze è emerso il dubbio che dietro i salvataggi ci sia una struttura che si muove quasi in maniera militare, che i soccorsi non siano casuali, ma che ci sia una regia.

Finalmente qualcúno comincia dunque a chiedersi che ruolo abbiano le Ong, chi siano i loro finanziatori e quali obiettivi si pongano, e soprattutto quali accordi abbiano preso e con chi per riuscire a esercitare la cosiddetta ricerca attiva. Non più cioè soccorsi in mare a persone che rischiano di affogare, ma ricerca di chi vuole emigrare.

Il direttore di Save the Children, la più nota delle Ong, pare che in commissione abbia dichiarato che «quando girano .così tanti soldi, non si può escludere qualche affare sporco». Ecco, forse è il caso di fare un po’ di pulizia.

Perché se ormai le flotte private ci consegnano più profughi di quelli raccolti dalla Guardia costiera c’è qualcuno che ha interesse a farlo. E non è detto che l’interesse sia solo guadagnarsi un posto in paradiso.